Ciclicamente si riapre la polemica relativa al binomio “moto e montagna”.
Il primo aspetto che va evidenziato, tuttavia, è il fatto che il problema non è limitato alle sole motociclette, bensì a tutti i mezzi a motore che quotidianamente transitano sui bellissimi passi trentini, e non solo.
Indubbiamente si può tranquillamente definire un problema che, come tale, necessità di una soluzione.
Negli ultimi giorni i vari quotidiani locali si sono occupati della questione, il giornale “Trentino” ha lanciato un sondaggio tra i propri lettori dando la possibilità di scegliere fra 3 opzioni:
- Una giornata di chiusura settimanale;
- Chiusura quotidiana a fasce orarie;
- Introduzione del pedaggio.
L’esito, su un campione di circa 1000 voti è il seguente.
Dello stesso avviso è anche il famoso scrittore e alpinista Mauro Corona, il quale ritiene che i passi dolomitici debbano essere aperti prevedendo delle fasce orarie. Corona, tuttavia, precisa che per rendere possibile ciò, si debbano prima creare delle infrastrutture idonee, leggasi parcheggi e mezzi pubblici per raggiungere rifugi ecc.
L’aspetto più interessante del ragionamento dello scrittore è quello legato alla necessità di educare “la gente”. Ritiene infatti Corona che “La gente andrebbe educata. Per tanti, troppi, la montagna è un mordi e fuggi. Vorrebbero arrivare fino alla porta del rifugio col loro Suv, entrare, mangiare e bere all’inverosimile e poi scendersene di nuovo a valle sempre col Suv. Noi amiamo la montagna, ma forse siamo anche più fortunati perché abbiamo più tempo per andarci, magari perché ci abitiamo sotto. Chi viene da lontano o ha meno tempo libero a disposizione… Non possiamo certo negargli di andare sulle Dolomiti”.
Non vedendo, allo stato attuale, altre soluzioni possibili, la chiusura quotidiana a fasce orarie è l’opzione migliore anche se, probabilmente, da un punto di vista giuridico, un’ipotetica ordinanza che stabilisca ciò, potrebbe essere impugnata (pensiamo ai gestori dei rifugi o altri soggetti interessati).
C’è un altro profilo interessante da trattare.
Il discorso sul traffico in montagna viene spesso associato e trattato assieme alle numerose tragedie che occorrono ogni fine settimane sulle strade, riguardanti le motociclette.
Sembra quasi che i problemi siano logicamente consequenziali. Così non è.
Lo stesso ragionamento fatto da Corona sull’educazione della “gente” andrebbe fatto anche con i motociclisti. Inutile nascondersi dietro un dito. Come vi sono molti automobilisti e ciclisti “maleducati”, si trovano anche molti motociclisti indisciplinati; già definire queste persone motociclisti è un errore. In passato abbiamo avuto modo di evidenziare la profonda distinzione che intercorre fra semplici possessori di moto e veri e propri motociclisti. I primi, magari per moda o spirito di ostentazione, sfrecciano sulle strade in sella ai propri bolidi incuranti del pericolo in cui incorrono loro stessi e che possono provocare alle altre persone.
I secondi, ovvero i motociclisti, hanno tutt’altra impostazione. Tendenzialmente usano la moto tutto l’anno, hanno rispetto per la propria incolumità e per quella degli altri, non mettono a repentaglio la propria vita e, magari, quella del passeggero, salutano le moto che incontrano sul loro cammino, frequentano i motoraduni e/o gli ambienti biker, si fermano se vedono qualcuno in panne, non fanno sorpassi alla cieca, non usano le strade o i passi di montagna come piste, ecc. ecc.
Vale la seguente massima: “non è la moto a fare un motociclista”.
Può sembrare filosofia spiccia e la frase può sembrare una boutade, gran parte degli incidenti che vedono coinvolte moto, non vedevano alla guida del mezzo motociclisti, bensì meri possessori di moto.
Il problema che incontrano entrambe le categorie, tuttavia, riguarda gli altri mezzi presenti sulle strade, automobili, ciclisti e, non da meno, lo stato pietoso di molti fondi stradali unito all’ormai risaputa pericolosità dei guard rail.
Ognuno di noi dovrebbe farsi un esame di coscienza: quante volte capita di essere distratti dal cellulare alla guida dell’auto? Quante volte capita di stare sulla carreggiata in bicicletta con vicino un amico occupando metà corsia? Quante volte attraversiamo a piedi non sulle strisce pedonali?
Sono comportamenti quotidiani che creano situazioni di enorme pericolo.
Forse però il problema è ancora più profondo e andrebbe ricercato nella percezione che gli individui hanno del pericolo. Molte volte parlando con le persone sembra quasi che i problemi qui trattati riguardino solamente “gli altri”; la sicurezza, la velocità, la disattenzione ecc. sono sempre questioni impersonali, tanti pensano: “tanto non capiterà a me”.
Invece, purtroppo, può capitare anche a te: sia di avere un incidente o di provocarlo, magari perché stavi leggendo questo articolo alla guida del tuo mezzo.
Rifletti.